Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  Ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  200  del  2011,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da Giovanni Vaccone, in proprio e in qualita' di  Presidente
e  legale  rappresentante  del  «Comitato   SS.   Rosario   Venafro»,
rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Ricci, con domicilio  eletto
presso lo studio dell'avv.  Tonino  Mariano  in  Campobasso,  via  S.
Giovanni, n. 36; 
    Contro Commissario ad Acta nonche' Sub-Commissario  ad  Acta  per
l'attuazione del Piano di Rientro dai disavanzi del Settore Sanitario
della  Regione  Molise,  Presidenza  del  Consiglio   dei   Ministri,
Ministero della Salute,  Ministero  dell'Economia  e  delle  Finanze,
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministro per i  rapporti  con
le Regioni e la Coesione Territoriale, Conferenza  Permanente  per  i
rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di  Trento  e
Bolzano,  Regione   Molise   in   persona   dei   rispettivi   legali
rappresentanti  pro  tempore,  rappresentati  e  difesi   per   legge
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in  Campobasso,
via Garibaldi, 124; 
    Asrem Molise in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo  Colalillo  presso  il  cui
studio in Campobasso, via Umberto I, n. 43 elegge domicilio; 
    Per  l'annullamento  del  provvedimento  del  Direttore  Generale
dell'Asrem n. 189 del 22  febbraio  2011,  concernente  il  riassetto
organizzativo  dell'attivita'  della  Medicina  di  Urgenza  e  della
Chirurgia d'Accettazione e d'Urgenza presso il  presidio  ospedaliero
«SS. Rosario» di Venafro; 
    del provvedimento del Direttore Generale dell'Asrem n. 190 del 22
febbraio 2011, concernente il riassetto organizzativo dell'area della
Radiodiagnostica presso i presidi ospedalieri regionali; 
    del provvedimento del Direttore Generale dell'Asrem n. 193 del 22
febbraio 2011, concernente il riassetto organizzativo delle attivita'
di Laboratorio Analisi; 
    del decreto del Commissario ad Acta n. 79 del  17  novembre  2010
(pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise in data  30
novembre   2010),    con    cui    si    e'    istituita    la    RSA
nell'edificio precedentemente destinato a Ospedale «SS.  Rosario»  di
Venafro; 
    di  tutti  gli  atti  antecedenti,  consequenziali  e,  comunque,
connessi, ivi compresi: 
    1. il decreto del Commissario ad Acta n. 17 del 10  maggio  2010,
con cui e' stato approvato il programma operativo  relativo  all'anno
2010; 
    2. il decreto del Commissario ad Acta n. 19 del 10  maggio  2010,
con  cui  e'  stato  approvato  il  piano  di  riassetto  della  rete
ospedaliera regionale; 
    3. il decreto del Commissario ad Acta  n.  68  del  24  settembre
2010, con cui e' stata disposta  l'anticipazione  degli  effetti  del
decreto n. 19/2010 al 1° novembre 2010; 
    4. il decreto del Commissario ad Acta n. 26 del 15  giugno  2010,
con  cui  sono  stati  approvati  gli  indirizzi  e  i  criteri   per
l'approvazione dell'atto aziendale da parte dell'Asrem; 
    5. il decreto del Commissario ad Acta n. 44 del  2  luglio  2010,
con cui e' stato approvato l'atto aziendale dell'Asrem; 
    6. il decreto del Commissario ad Acta n. 46 del  2  luglio  2010,
con cui sono stati  approvati  ulteriori  obiettivi  e  indirizzi  al
direttore generale dell'Asrem; 
    7. i provvedimenti del Commissario  ad  Acta  e/o  del  Direttore
Generale Asrem (compreso quello di eventuale nomina  di  responsabili
del procedimento)  e/o  della  Regione  Molise  (ove  esistenti,  mai
comunicati al ricorrente e da questi non conosciuti), con  cui  siano
stati disposti  ulteriori  interventi  di  attuazione  del  Piano  di
Rientro, del Patto per la Salute del 3 dicembre 2009,  del  Programma
Operativo 2010 (di cui al  decreto  commissariale  n.  17/2010),  del
Piano  di  riassetto  della  rete  ospedaliera  (di  cui  al  decreto
commissariale n. 19/2010), dell'atto aziendale Asrem e/o di ulteriori
atti di programmazione, con  particolare  riferimento  a  quelli  che
abbiano riguardato la «riorganizzazione» dell'Ospedale «SS.  Rosario»
di Venafro; 
    8. tutti i pareri, i nulla osta, le autorizzazioni, le  relazioni
e i documenti istruttori,  comunque  denominati,  ove  esistenti,  di
estremi non conosciuti, relativi sia agli atti innanzi  espressamente
indicati sia ad eventuali ulteriori atti; 
    in via subordinata, per quanto occorrer possa  e  per  quanto  di
ragione, del Piano di Rientro dal  disavanzo  del  settore  sanitario
della Regione Molise e relativi allegati,  sottoscritto  in  data  27
marzo 2007 e approvato con delibera di Giunta Regionale  n.  367/2007
(parimenti impugnata),  nonche'  delle  delibere  del  Consiglio  dei
ministri del 28 luglio 2009 e del 9  settembre  2009  (con  cui  sono
stati  nominati,  rispettivamente,  il  Commissario  ad  Acta  e   il
Sub-Commissario ad Acta), unitamente a tutti  gli  atti  antecedenti,
consequenziali  e,  comunque,   connessi,   ivi   compresi   l'Intesa
Stato-Regioni del 23 marzo 2005,  il  Patto  per  la  Salute  del  28
settembre 2006 e il Nuovo Patto per la Salute del  3  dicembre  2009,
censurati nei limiti  di  interesse  evidenziati  nel  prosieguo  del
presente atto. 
    Nonche' per l'annullamento chiesto con i motivi  aggiunti  del  5
settembre 2011: 
        del decreto del Commissario ad Acta n. 20 del 30 giugno  2011
(mai comunicato al ricorrente), con cui si  sono  adottati  ulteriori
provvedimenti in materia di riorganizzazione della  rete  ospedaliera
regionale,  con  particolare  riferimento  alle  misure   riguardanti
(direttamente o indirettamente) l'Ospedale «SS. Rosario» di  Venafro,
unitamente a tutti gli atti antecedenti, consequenziali  e,  comunque
connessi, ivi compresi i provvedimenti del Commissario  ad  Acta  e/o
del  Sub  Commissario  ad  Acta  e/o  dell'Asrem  e/o   delle   altre
Amministrazioni resistenti nell'instaurato giudizio,  con  cui  siano
stati disposti  ulteriori  interventi  di  attuazione  del  Piano  di
Rientro, del Patto per la Salute del 3 dicembre 2009,  del  Programma
Operativo 2010 (di cui al  decreto  commissariale  n.  17/2010),  del
Piano  di  riassetto  della  rete  ospedaliera  (di  cui  al  decreto
commissariale  n.  19/2010,  modificato  ed  integrato  con   decreto
commissariale n. 20/2011), dell'atto aziendale Asrem e/o di  modifica
e/o di integrazione dei medesimi provvedimenti nonche'  di  ulteriori
atti di programmazione e/o di organizzazione della  rete  ospedaliera
regionale e/o di gestione della stessa; con particolare riferimento a
quelli che abbiano  riguardato  la  "riorganizzazione"  dell'ospedale
«SS. Rosario» di Venafro, unitamente a  tutti  gli  atti,  relazioni,
documenti istruttori, pareri, comunque  denominati,  di  estremi  non
conosciuti;  nonche'  per  l'annullamento,  chiesto  con   i   motivi
aggiunti, del 26 settembre 2012: 
        dei decreti del commissario ad Acta n. 71/2011,  n.  80/2011,
n. 84/2011, n. 94/2011, n. 100/2011, n. 104/2011 con cui  sono  stati
adottati ulteriori provvedimenti in materia di riorganizzazione della
rete ospedaliera regionale, con particolare riferimento  alle  misure
riguardanti l'ospedale «SS. Rosario» di Venafro; 
        per quanto di  ragione,  delle  delibere  del  Consiglio  dei
ministri del 20 gennaio 2012 di conferma della nomina del  Presidente
della Regione Molise quale commissario ad Acta e del 7 giugno 2012 di
nomina del sub commissario ad Acta. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  del  Commissario  ad
Acta nonche' del Sub-Commissario ad Acta per l'attuazione  del  Piano
di Rientro dai disavanzi del Settore Sanitario della Regione  Molise,
della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  del  Ministero  della
salute, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Presidenza
del Consiglio dei ministri - Ministro per i rapporti con le Regioni e
la Coesione Territoriale, della Conferenza Permanente per i  rapporti
tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento  e  Bolzano,
della Regione Molise; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  17  gennaio  2013  il
dott. Luca Monteferrante e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Il ricorrente, in qualita' di Presidente e legale  rappresentante
del «Comitato SS. Rosario Venafro» con sede legale  in  Venafro  alla
Strada Comunale Romana, n. 1, nonche', in  proprio,  quale  cittadino
residente in Venafro ed in qualita'  di  dipendente  della  Asrem  in
servizio presso l'ospedale «SS.  Rosario»  di  Venafro,  con  ricorso
straordinario al Capo dello Stato notificato in data 30 marzo 2011 ha
impugnato gli  atti  indicati  in  epigrafe  con  i  quali  e'  stata
sostanzialmente decisa la chiusura  dell'ospedale  «SS.  Rosario»  di
Venafro e la sua riconversione in residenza sanitaria assistenziale. 
    Su istanza  della  Azienda  sanitaria  regionale  del  Molise  il
ricorso e' stato successivamente ritualmente trasposto innanzi al TAR
Molise dal ricorrente con atto di costituzione notificato in data  31
maggio 2011. 
    Il  ricorso  introduttivo  e'  stato  successivamente   integrato
mediante notifica di motivi aggiunti con i quali sono stati impugnati
ulteriori decreti  commissariali  afferenti  alla  medesima  sequenza
procedimentale. 
    L'esponente,  richiamata  l'antica  storia   dell'ospedale   «SS.
Rosario», la sua vocazione di ospedale di area vasta, a motivo  della
sua posizione geografica e del bacino demografico al cui servizio  e'
posto, nonche' l'elevata qualita' delle prestazioni erogate anche  in
favore  di  una  significativa  utenza  extraregionale,  lamenta   la
illogicita' della decisione  di  disporne  la  sostanziale  chiusura,
trattandosi di struttura virtuosa, capace  di  coprire  i  costi  di'
gestione anche grazie alla significativa mobilita' attiva proveniente
dalle limitrofe regioni della Campania e del Lazio,  con  conseguente
sproporzionata ed irragionevole  lesione  del  diritto  alla  salute,
tenuto conto che le misure adottate perseguono  il  solo  fine  della
riduzione dei costi delle prestazioni sanitarie, senza incidere sugli
assetti organizzativi inefficienti e sugli sprechi. Rammenta che, non
avendo la Regione Molise rispettato gli obiettivi organizzativi e  di
spesa fissati con l'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, si vedeva
costretta a sottoscrivere il 27 marzo 2007 l'accordo di  approvazione
del piano di rientro recante l'individuazione degli interventi per il
perseguimento dell'equilibrio economico ai sensi dell'art.  1,  comma
180, della legge del 30 dicembre 2004, n. 311 con allegato  il  piano
operativo triennale 2007/2009 (c.d. piano di  rientro)  che,  tra  le
altre   misure,   prevedeva   l'adozione    di    provvedimenti    di
razionalizzazione della rete ospedaliera nel rispetto, tuttavia,  dei
livelli essenziali di assistenza. 
    Con delibera del Consiglio Regionale, n. 190 del 9 luglio 2008 la
Regione Molise approvava il Piano Sanitario Regionale per il triennio
2008/2010 prevedendo una mera riduzione dei posti letto dell'ospedale
«SS. Rosario». 
    Poiche', nonostante le misure di razionalizzazione  previste  dal
piano di rientro  del  2007,  l'entita'  del  deficit  continuava  ad
aumentare, con delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009
il Presidente della Regione Molise  veniva  nominato  commissario  ad
Acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del  settore
sanitario e veniva assistito da un  sub -  commissario  nominato  con
delibera del Consiglio dei ministri del 9 ottobre 2009. 
    Con la delibera di nomina del commissario ad  Acta  il  Consiglio
dei ministri indicava, tra gli obiettivi dell'azione di  risanamento,
il riassetto della rete ospedaliera e territoriale mediante  adeguati
interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione solo  di
quei  presidi  non  in  grado  di  assicurare  adeguati  profili   di
efficienza ed efficacia. 
    Il nuovo Patto per la Salute  sottoscritto  il  3  dicembre  2009
confermava la necessita' di misure di riduzione dei  posti  letto  ma
sempre nel rispetto dei LEA. 
    In data 10 maggio 2010 con decreto n. 17 il commissario  ad  Acta
approvava il programma operativo per l'anno 2010:  nell'ambito  delle
previsioni programmatiche concernenti la riorganizzazione della  rete
ospedaliera, il predetto decreto, accanto al taglio di  ben  trecento
posti letto, prevedeva la dismissione dell'ospedale "SS.  Rosario»  e
la sua conversione in RSA. 
    Tale decisione, assunta in base ai parametri di cui al Patto  per
la  salute  del  3  dicembre  2009  ed  in  assenza  di   istruttoria
sull'effettivo bisogno di salute, veniva ribadita con decreto  n.  19
del 17 maggio 2010 di approvazione del Piano di riassetto della  rete
ospedaliera, con il decreto n. 26 del  15  giugno  2010  recante  gli
indirizzi al direttore generale della Asrem e con decreto n. 44 del 2
luglio  2010  di  approvazione  dell'atto  aziendale  che   disponeva
sostanzialmente   l'accorpamento    dell'ospedale    «SS.    Rosario»
all'ospedale «Veneziale» di Isernia. 
    Le predette misure non venivano attuate sino a  quando  il  nuovo
disegno organizzativo riceveva deciso impulso ad  opera  del  decreto
del commissario ad Acta n. 79 del 17 novembre 2010 che  istituiva  la
RSA di assistenza agli anziani presso il «SS. Rosario» e disponeva la
progressiva soppressione del reparto  di  Chirurgia,  la  progressiva
riduzione dei posti  letti  assegnati  al  reparto  di  Medicina,  la
sostituzione del Pronto Soccorso con  un  punto  di  primo  soccorso,
senza posti letto e  rianimazione,  la  riduzione  delle  prestazioni
radiologiche e del laboratorio analisi. 
    In punto di diritto il ricorrente lamenta che: 
        1. gli atti adottati  dal  commissario  ad  Acta,  in  quanto
ispirati ad una mera logica contabile di risparmio  di  spesa,  senza
incidere sulla qualita'  ed  efficienza  delle  prestazioni  erogate,
sarebbero illegittimi in quanto lesivi del diritto  alla  salute  dei
cittadini residenti tutelato dall'art. 32 Cost. e adottati in difetto
di motivazione e di istruttoria e, comunque,  in  contrasto  con  gli
obiettivi posti con il Piano di rientro e col provvedimento di nomina
del commissario ad  Acta,  che  non  prevedevano  la  chiusura  degli
ospedali ma la mera «razionalizzazione» della rete  ospedaliera,  nel
rispetto dei LEA e comunque nel  quadro  di  un  variegato  piano  di
misure orientato ad un recupero  di  efficacia  ed  efficienze  delle
prestazioni, che imponeva di  incidere,  in  via  prioritaria,  sulle
principali  cause  del  disavanzo  sanitario  e  cioe'  sulla   spesa
farmaceutica,  sul  costo  del  personale,  della  dirigenza,   delle
consulenze esterne, dei rapporti con le  strutture  convenzionate  e,
solo in via residuale, sulla rete ospedaliera. 
        2.  Rispetto  alle  precedenti  scelte  incentrate  su  tagli
orizzontali dei  posti  letto  nell'ambito  delle  diverse  strutture
sanitarie, il commissario ad Acta , con il programma operativo  2010,
approvato con il decreto n. 17/2010, avrebbe consapevolmente  operato
tagli verticali, tramite la chiusura diretta di presidi  ospedalieri,
in assenza tuttavia di valutazioni, in  concreto,  circa  l'idoneita'
di' tali misure organizzative a contemperare le esigenze di  bilancio
con l'effettivita' della tutela del  diritto  alla  salute  garantito
anche dagli artt. 2, 3 e 8 della CEDU. 
    In particolare, quanto al difetto di istruttoria, con la drastica
riduzione dei posti letto (da 90 a 30 di cui 10 in  day  hospital)  e
delle prestazioni erogate presso  il  «SS.  Rosario»  la  popolazione
sara' costretta a rivolgersi all'ospedale  di  Isernia  i  cui  posti
letto tuttavia non vengono correlativamente potenziati:  tale  scelta
si baserebbe su meri dati matematici in assenza di  un'analisi  della
domanda di cure sanitarie e determinerebbe un grave  pregiudizio  per
la salute dei cittadini,  in  presenza  di  probabili  situazioni  di
sovraffollamento dell'ospedale  di  Isernia,  implicanti  ritardi  ed
inefficienze  nell'assistenza  e  soprattutto  nella  gestione  delle
urgenze; si porrebbe anche in contrasto con le previsioni  del  Patto
per la Salute del 2 dicembre 2009 e  con  il  Piano  di  rientro  che
prevedono misure  di  riorganizzazione  della  rete  ospedaliera  nel
rispetto dei criteri di efficienza ed efficacia delle  prestazioni  e
comunque dei LEA. 
        3.  Le  rilevate  carenze  organizzative  del   servizio   ed
istruttorie  non  potrebbero  neppure  ritenersi  compensate  con  la
previsione di servizi sanitari territoriali alternativi  all'ospedale
di cui non v'e' menzione negli atti impugnati. 
        4. Immotivata sarebbe anche la decisione di chiudere il  «SS.
Rosario» di Venafro anziche' il «Veneziale»  di  Isernia:  il  primo,
infatti, a differenza del secondo, opererebbe  presso  una  struttura
antisismica, e presenterebbe un  significativo  indice  di  mobilita'
attiva, anche grazie alla sua posizione geografica,  sicche'  la  sua
chiusura comporterebbe anche un pregiudizio per le finanze  regionali
a causa della perdita delle entrate generate dalla  mobilita'  attiva
con evidente contraddittorieta' con le premesse (risparmio di  spesa)
da cui la disposta chiusura muove. 
        5. Il commissario ad Acta  avrebbe  debordato  dalle  proprie
competenze atteso che il Piano di rientro e la delibera del Consiglio
dei ministri di nomina gli attribuivano il potere di adottare  misure
di riorganizzazione della rete  ospedaliera  al  fine  di  migliorare
l'efficienza e l'efficacia dei servizi  ma  non  per  penalizzare  il
livello di assistenza e ledere il diritto alla salute dei cittadini. 
        6. Gli atti del commissario ad Acta avrebbero anche invaso la
competenza regionale in materia di programmazione sanitaria ponendosi
in  contrasto  con  le  previsioni  del  piano  sanitario   regionale
approvato  con  delibera  del  Consiglio  regionale  n.  190/2008,  e
successivamente con l'art. 11 della legge regionale  n.  34/2008  che
non prevedono la chiusura dell'ospedale di Venafro ne' di alcuno  dei
reparti ivi attivi ma solo una riduzione  dei  posti  letto;  inoltre
poiche' il commissario e' organo amministrativo e i' suoi atti  hanno
natura di atti amministrativi, giammai questi ultimi avrebbero potuto
porsi in contrasto con una previsione  di  legge  regionale,  ne'  la
delibera di nomina gli avrebbe potuto conferire una anomala  potesta'
legislativa; infine egli avrebbe violato anche il  piano  di  rientro
che non consentiva di derogare alle previsioni  del  piano  sanitario
regionale in materia di rete ospedaliera. 
    Si sono costituiti  in  giudizio  la  Asrem,  la  Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri,  il  Presidente  della  Regione  Molise  in
qualita' di commissario ad Acta per l'attuazione del piano di rientro
dai disavanzi del settore sanitario, la Regione Molise, il  Ministero
dell'economia e  delle  finanze,  il  Ministero  della  sanita',  per
resistere al ricorso ed ai motivi aggiunti contestando nel merito  la
fondatezza delle censure articolate ed eccependo  preliminarmente  il
difetto    di    legittimazione    del    ricorrente,la    tardivita'
dell'impugnazione di taluni decreti ed il difetto di  integrita'  del
contraddittorio. 
    Le  amministrazioni  intimate   evidenziano,   nel   merito,   la
gravissima situazione di deficit finanziario in cui versa la  sanita'
molisana, l'incapacita' della  Regione  a  far  fronte  agli  impegni
assunti con il piano di rientro sottoscritto il  27  marzo  2007,  la
necessita' dell'intervento governativo sostitutivo ai sensi dell'art.
120,  comma  2,  Cost.  e  la  piena  coerenza  e  legittimita'   dei
provvedimenti adottati dalla struttura  commissariale  rispetto  alle
previsioni del  piano  di  rientro  ed  agli  obiettivi  posti  dalla
delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009 di nomina  del
commissario  ad  Acta  e  di  conferimento  dei  correlativi   poteri
sostitutivi anche di carattere normativo. 
    Con  ordinanza  n.  124/2011  il  TAR  Molise  ha   disposto   la
sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati con il  ricorso
principale. 
    La causa e' stata, infine, trattenuta in decisione alla  pubblica
udienza del 17 gennaio 2013. 
    Occorre premettere in fatto che, stante  il  mancato  adempimento
del piano di rientro sottoscritto dalla Regione Molise  il  27  marzo
2007, con delibera del Consiglio dei ministri del 28 luglio  2009  il
Presidente della Regione Molise e' stato nominato commissario ad Acta
per l'attuazione del piano  di  rientro  dai  disavanzi  del  settore
sanitario della  Regione  Molise  ed  e'  stato  incaricato  di  dare
attuazione e realizzazione ad una serie di interventi tra i quali, al
punto  2),  si  menziona  il  «riassetto  della  rete  ospedaliera  e
territoriale      con      adeguati      interventi      per       la
dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non  in  grado
di  assicurare  profili  di  efficienza  ed  efficacia,  analisi  del
fabbisogno e verifica dell'appropriatezza». 
    In  esecuzione  dell'incarico  conferito,  il  Presidente   della
Regione Molise, nella cennata qualita' di commissario ad  Acta  ,  ha
adottato  il   decreto   n.   19   del   10   maggio   2010   recante
«ristrutturazione della rete ospedaliera ai sensi di quanto  disposto
dalla lettera f) Adempimenti LEA e  dall'art.  6  del  Patto  per  la
Salute 2010-2012 stipulato in data 3 dicembre 2009. Deliberazione del
Consiglio dei ministri 28 luglio 2009 Punto 2) riassetto  della  rete
ospedaliera,  secondo  un'analisi  del  fabbisogno  e   la   verifica
dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie. Provvedimenti». 
    Ha  successivamente  adottato  ulteriori  decreti   commissariali
attuativi, indicati in epigrafe, cui seguivano gli atti di esecuzione
di  competenza  della  Asrem  che  hanno  sostanzialmente  comportato
l'accorpamento di tutti i reparti al presidio ospedaliero «Veneziale»
di Isernia, la riconversione dell'ospedale «SS. Rosario» in residenza
sanitaria assistenziale, costituendola sede di Presidio  Territoriale
di Assistenza (PTA), con previsione di un «punto di  primo  soccorso»
(e non, si badi bene, di «pronto soccorso»). 
    Il ricorrente ha variamente contestato la  legittimita'  di  tali
decreti commissariali censurandone  il  difetto  di  istruttoria,  la
carenza  di  motivazione,  la  violazione  dell'art.  32  Cost.,   la
violazione delle previsioni del piano di rientro e del patto  per  la
salute (nella parte in cui non  prevedono  la  chiusura  dei  presidi
ospedalieri bensi' la mera riorganizzazione della rete ospedaliera al
fine  di  rendere  piu'  efficiente  ed  efficace  l'erogazione   dei
servizi),  la  lesione  delle  competenze  regionali  in  materia  di
programmazione sanitaria. 
    Reputa il collegio che  occorra  prendere  le  mosse  dall'ultimo
motivo  di  censura  articolato  dal  ricorrente  e   relativo   alla
prospettata illegittimita' dei decreti  commissariali  impugnati  per
avere gli  stessi  invaso  la  competenza  legislativa  regionale  in
materia di  programmazione  sanitaria,  disciplinata,  nella  specie,
dall'art. 11 della legge regionale n. 34 del 26 novembre 2008 (che ha
approvato, ai sensi dell'art. 6, comma  2,  lett.  b)  dello  Statuto
regionale,  il  Piano  sanitario  regionale  2008/2010  di  cui  alla
delibera del Consiglio regionale della Regione Molise n. 190/2008)  e
cio' attraverso un intervento sostitutivo  di  tipo  legislativo  non
contemplato dall'art. 120, comma 2, della Costituzione e dal  sistema
delle fonti in generale. 
    A tal riguardo la difesa erariale replica alla dedotta violazione
della legge regionale  n.  34  del  26  novembre  2008  invocando  il
disposto di cui all'art. 2, comma 83, della legge 23  dicembre  2009,
n. 191 a mente del quale «...il Consiglio dei ministri,  su  proposta
del Ministero dell'economia e  delle  finanze,  di  concerto  con  il
Ministro della salute, e sentito il Ministro per i  rapporti  con  le
regioni, in attuazione dell'art. 120 della  Costituzione,  nomina  il
presidente della regione commissario ad Acta per l'intera durata  del
piano di rientro. Il commissario adotta tutte le misure indicate  nel
piano,  nonche'  gli  ulteriori  atti  e   provvedimenti   normativi,
amministrativi, organizzativi  e  gestionali  da  esso  implicati  in
quanto presupposti o comunque correlati  e  necessari  alla  completa
attuazione del piano». 
    Assume, in  sostanza,  la  difesa  erariale  che,  in  forza  del
richiamato  disposto  normativo,  il  commissario  ad  Acta   sarebbe
espressamente legittimato ad adottare atti normativi innovativi della
legislazione regionale purche' presupposti  o  comunque  correlati  e
necessari alla attuazione del piano. 
    Il  collegio,  sul  punto,  ritiene  di  sollevare  d'ufficio  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 83, della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 nella parte  in  cui,  attribuendo  al
commissario ad Acta , che e'  organo  amministrativo,  il  potere  di
adottare gli «ulteriori atti  e  provvedimenti  normativi»  necessari
alla completa attuazione del piano, lo facoltizza  ad  esercitare  un
potere  sostitutivo  di  tipo  legislativo  non  previsto  nonche'  a
modificare,  con  disposizioni   di   dettaglio,   atti   legislativi
promulgati dalla Regione in materia  di  competenza  concorrente,  in
violazione del disposto di cui agli artt. 120, comma 2, 114, comma 2,
117, commi 3 e 6, 121, comma 2, 70, comma 1, 77,  commi  1  e  2,  1,
comma 2 della Costituzione,  laddove  invece  la  natura  legislativa
dell'atto  modificato  avrebbe  imposto,  stante  il   principio   di
tipicita'  delle   fonti   primarie,   l'esercizio   della   potesta'
legislativa del governo nella forma del decreto legge. 
    Quanto  alla  rilevanza  della  questione  essa  discende   dalla
circostanza  per  cui  la  norma  sospetta   di   incostituzionalita'
rappresenta la base  legale,  espressamente  menzionata  nella  parte
giustificativa dei provvedimenti impugnati, che legittimerebbe, anche
secondo la difesa erariale, in pretesa  applicazione  dell'art.  120,
comma 2,  Cost.,  il  commissario  ad  Acta  a  modificare  il  piano
sanitario regionale approvato con legge regionale nella parte in  cui
non contempla la chiusura ne'  la  riconversione  dell'ospedale  «SS.
Rosario» di Venafro bensi' una riduzione dei posti  letti,  in  linea
del resto con i contenuti del piano di  rientro  sottoscritto  il  27
marzo 2007  che  prescrive  l'adozione  di  meri  «provvedimenti  che
razionalizzano la rete ospedaliera». 
    In assenza della menzionata  disposizione  di  legge,  al  potere
esercitato dal  commissario  ad  Acta  dovrebbe  riconoscersi  natura
esclusivamente amministrativa (cosi' Corte Cost. n. 361/2010) e, come
tale, non potrebbe  introdurre  modifiche  o  deroghe  ad  una  fonte
legislativa che recepisce il piano  sanitario  regionale  sicche'  le
doglianze del ricorrente sarebbero  destinate  a  trovare  favorevole
accoglimento e gli atti  impugnati  dovrebbero  essere  annullati  in
quanto adottati in violazione di legge, se  non  proprio  in  carenza
assoluta di potere, come dedotto dal ricorrente. 
    Non  rileva  in  questa  sede  l'attitudine  della  delibera  del
Consiglio dei ministri del 28 luglio 2009 a fungere  da  base  legale
del potere normativo del commissario ad Acta; siffatta delibera - con
la quale, in presenza  del  perdurante  inadempimento  della  Regione
Molise, e' stato nominato il commissario ad Acta  e  sono  stati,  al
contempo, indicati gli obiettivi prioritari da  realizzare  per  dare
attuazione  al  piano  di  rientro   -   riveste   natura   di   atto
amministrativo e quindi la sua legittimita', anch'essa contestata nel
presente giudizio, sara' scrutinata secondo  le  regole  proprie  del
giudizio amministrativo ma allo stato, ed ai  fini  del  giudizio  di
rilevanza, una tale attitudine deve essere esclusa in  modo  radicale
non potendo un atto amministrativo costituire la base  legale  di  un
potere normativo, peraltro delegato, con  attitudine  derogatoria  di
norme regionali. In  questo  senso  la  delibera  del  Consiglio  dei
ministri  deve  ritenersi,  con  riferimento  al  regime  dei  poteri
commissariali, meramente ricognitiva delle disposizioni di legge  che
ne disciplinano lo statuto e, segnatamente, per  quanto  riguarda  il
settore dei disavanzi del settore sanitario, dell'articolo  2,  comma
83, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. 
    Sempre in punto di rilevanza della questione, osserva il collegio
che  le  questioni  preliminari,  sollevate   dalle   amministrazioni
intimate, non appaiono, allo stato degli atti, idonee a risolvere  la
controversia in rito sicche'  si  impone  l'esame  del  merito  delle
censure  donde  la  sicura  rilevanza   della   contestazione   della
competenza del commissario  ad  Acta  ad  adottare  atti  sostitutivi
normativi derogatori di disposizioni legislative regionali. 
    Sulla legittimazione dei comitati ad impugnare atti organizzativi
di disciplina dei servizi pubblici sono note le progressive  aperture
della giurisprudenza  e  le  condizioni  poste  ai  fini  della  loro
legittimazione, che il  collegio  ritiene  sussistenti  nel  caso  di
specie, secondo quanto di recente  precisato  anche  in  merito  alla
legittimazione di singoli cittadini  utenti  del  servizio  sanitario
(cfr. specificamente in tema TAR Abruzzo L'Aquila, 17 maggio 2011, n.
262 e 9 giugno 2011, n. 335); sono poi state evocate in giudizio e si
sono comunque ritualmente costituite  tutte  le  amministrazioni  che
hanno, a vario titolo, adottato  gli  atti  ed  i  decreti  impugnati
(Commissario ad Acta  per  l'attuazione  del  piano  di  rientro  dei
disavanzi  del  settore  sanitario,  Presidenza  del  Consiglio   dei
ministri, Regione Molise,  Asrem,  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, Ministero della sanita')  sicche'  il  contraddittorio  deve
ritenersi  integro;  l'impugnazione  risulta  inoltre  tempestiva  in
quanto non vale nella specie il particolare regime  di  pubblicazione
degli atti regionali (come  eccepito  dalla  Asrem),  previsto  dallo
statuto e dalla  legislazione  regionale,  venendo  primariamente  in
contestazione atti adottati da un organo amministrativo  statale,  il
commissario ad Acta, per cui vigono le regole generali in materia  di
conoscenza degli atti e di decorrenza  del  termine  di  impugnazione
che, nella specie, risultano rispettate, non essendo stata dimostrata
- dalla parte che ha sollevato l'eccezione - la data  di  intervenuta
conoscenza dei decreti impugnati e,  conseguentemente,  l'infruttuoso
decorso del termine di impugnazione. 
    Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, il collegio
reputa inoltre che la questione sia non manifestamente infondata. 
    Occorre premettere  che  non  ricorrono  nel  caso  di  specie  i
presupposti per una interpretazione  costituzionalmente  conforme  in
quanto il dato letterale del disposto  normativo  e'  inequivoco  nel
riconoscere  in  capo  all'organo  amministrativo  straordinario  una
atipica potesta' normativa avente forza di legge e  quindi  capacita'
di abrogare norme di pari rango con essa  incompatibili,  seppure  di
fonte regionale. 
    La norma in questione, infatti, attribuisce, in via generale,  un
ampio potere di adozione delle misure attuative del piano di  rientro
e di tutti gli altri «atti e provvedimenti normativi, amministrativi,
organizzativi e gestionali». 
    In particolare, il duplice riferimento ad «atti  e  provvedimenti
normativi»  implica  il  contestuale  riconoscimento   in   capo   al
commissario  ad  Acta  del   potere   regolamentare   («provvedimenti
normativi» e cioe' atti formalmente  amministrativi  ma  a  contenuto
normativo) e legislativo («atti normativi»), accanto all'attribuzione
del distinto e concorrente potere di adottare atti amministrativi  ed
organizzativi nonche' misure gestionali (relative cioe'  ai  rapporti
di lavoro) secondo la ratio di disposizione di chiusura finalizzata a
conferire al commissario tutti i poteri, nessuno  escluso,  necessari
ad assicurare, comunque, la piena attuazione del  piano  di  rientro;
poiche' dunque la disposizione e' strutturata come norma di  chiusura
del sistema dei poteri commissariali,  deve  concludersi,  anche  dal
punto di vista  dell'interpretazione  teleologica,  che  la  voluntas
legis sia quella di riconoscere  al  commissario  ad  Acta  anche  la
facolta' di esercizio del potere legislativo o, in ogni caso,  di  un
atipico potere normativo derogatorio delle norme di legge regionale. 
    Del resto la previsione  legislativa  in  commento,  si  pone  in
dichiarata attuazione dell'art. 120, comma 2, Cost. e rappresenta una
evoluzione del regime dell'intervento sostitutivo  gia'  disciplinato
dall'art. 8, comma 1  della  legge  n.  131  del  2003,  al  fine  di
completarne  lo  statuto  proprio  in  relazione  alla  facolta'   di
esercizio anche  del  potere  normativo,  invero  gia'  espressamente
prevista dall'art. 8, comma 1, legge n. 131 del 2003 ma con esclusivo
riferimento ai poteri del Governo e non del commissario ad Acta. 
    Che  non  vi  sia  spazio  per  una  interpretazione  conforme  a
Costituzione e' confermato anche dalla giurisprudenza  amministrativa
che ha espressamente riconosciuto in capo al commissario ad  Acta  la
titolarita' di poteri normativi con efficacia derogatoria di norme di
fonte legislativa, senza tuttavia ravvisare motivi di  contrasto  con
la Costituzione (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, 11  gennaio  2012,  n.
10). 
    L'impossibilita'  di   una   interpretazione   costituzionalmente
conforme e' confermata dal fatto che lo stesso legislatore  e'  stato
costretto ad intervenire  successivamente  per  chiarire  la  portata
della disposizione in parola e ricondurla nell'alveo della  legalita'
costituzionale. 
    L'art. 17, comma 4 lett. a)  della  legge  n.  111  del  2011  di
conversione del decreto legge n. 98/2011 ha infatti dovuto  novellare
il disposto di cui all'articolo 2, comma 80, della legge 23  dicembre
2009, n.  191,  inserendo,  dopo  il  secondo  periodo,  la  seguente
disposizione: «A tale scopo, qualora,  in  corso  di  attuazione  del
piano o dei programmi operativi di cui  al  comma  88,  gli  ordinari
organi di attuazione del piano o il commissario  ad  Acta  rinvengano
ostacoli  derivanti  da  provvedimenti  legislativi   regionali,   li
trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi
di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi.  Il
Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni,  apporta  le
necessarie  modifiche  alle  leggi  regionali  in  contrasto,  o   le
sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad
apportare  le  necessarie  modifiche  legislative  entro  i   termini
indicati, ovvero vi provveda in - modo parziale o  comunque  tale  da
non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o  dei  programmi
operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai  sensi  dell'articolo
120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il
superamento dei predetti ostacoli.». 
    La disposizione, introducendo un articolato procedimento idoneo a
salvaguardare   l'autonomia   regionale,   ha   portata   chiaramente
innovativa e non meramente interpretativa e conferma la necessita' di
introdurre  opportuni   correttivi   al   previgente   tenore   della
disposizione - di cui si e' avvalso nel caso di specie il commissario
ad Acta - al fine di precludere che il potere  sostitutivo  normativo
attribuitogli  potesse  essere  esercitato  in   contrasto   con   la
legislazione  regionale  previgente   con   conseguente   illegittima
invasione dell'autonomia regionale. 
    Ne discende che lo  ius  superveniens  conferma  e  corrobora  la
rilevanza  della  questione  perche'  ribadisce   la   natura   anche
legislativa     del      potere      sostitutivo,      opportunamente
procedimentalizzandolo al fine di renderlo compatibile con i principi
sull'autonomia regionale. 
    Nel merito della questione, il collegio non ignora che  la  Corte
Costituzionale  si  e'  gia'  occupata  dei   rapporti   tra   potere
sostitutivo ex art. 120, comma 2, Cost. e legislazione regionale:  lo
ha fatto tuttavia per escludere  la  legittimita'  costituzionale  di
norme di legge regionale che abbiano per effetto quello di  svuotare,
limitare, menomare o, anche solo, di interferire con le competenze  e
prerogative commissariali (tra le tante cfr. Corte Cost. sentenza  n.
2 del 2010 e, da ultimo, a 78 del 2013, n. 79  del  2013  a  104  del
2013); si tratta cioe' di norme regionali sopravvenute alla  gestione
commissariale e lo scrutinio di  costituzionalita',  su  impulso  del
Governo centrale, aveva ad oggetto la loro attitudine  ad  ostacolare
la funzione sostitutiva esercitata in attuazione dell'art. 120, comma
2, Cost. 
    Non consta invece che la Corte Costituzionale si sia  pronunciata
per affermare la conformita' a Costituzione di atti  del  commissario
ad Acta che abbiano per effetto  quello  di  abrogare  o  derogare  a
disposizioni legislative regionali previgenti, come accade  nel  caso
di specie, se non con sentenza 17 dicembre 2010, n. 361 con la  quale
una tale possibilita' e' stata recisamente esclusa in quanto ritenuta
non conforme a Costituzione. 
    E' proprio in relazione alle motivazioni contenute nella predetta
sentenza che il collegio  ritiene  la  questione  non  manifestamente
infondata in relazione agli artt. 120, comma 2, 5, 114, comma 2, 117,
comma 3 e 6, 121, comma 2, 70, 77, commi 1 e 2, e 1, comma  2,  della
Costituzione, cio'  peraltro  in  linea  con  quanto  incidentalmente
osservato dalla stessa Corte Costituzionale gia' con sentenza n.  141
del 2010 dove, al punto 2.2. in diritto, aveva espresso  dubbi  circa
la «legittimita' costituzionale della scelta legislativa di  affidare
ad un decreto del Presidente della Regione la capacita'  di  incidere
su un atto  legislativo  adottato  dal  Consiglio  regionale»  (nella
specie il commissario ad Acta per l'attuazione del piano  di  rientro
dal disavanzo nel settore  sanitario,  aveva  ritenuto,  con  proprio
decreto,  di  poter  differire  l'entrata  in  vigore  di  una  legge
regionale che si assumeva contenere previsioni in contrasto  con  gli
obiettivi di risanamento indicati nel piano di  rientro  sottoscritto
dalla Regione). 
    E'  noto  che  nella  precedente  sentenza  n.  2/2010  la  Corte
Costituzionale  aveva  manifestato  delle  aperture  in  ordine  alla
possibilita' di esercizio di poteri  sostitutivi  normativi  ma  tali
aperture  devono  ritenersi  superate  dalle   ampie   argomentazioni
contenute nella successiva sentenza n.  361/2010  richiamata  e  che,
come detto, il collegio condivide, in linea peraltro con la  dottrina
costituzionalitstica maggioritaria. 
    Venendo al merito del prospettato contrasto, il collegio  osserva
innanzitutto che l'art. 2, comma 83, della legge 23 dicembre 2009, n.
191 viola l'art. 120, comma 2 della Costituzione in quanto prevede un
intervento sostitutivo di tipo  legislativo,  o  comunque  normativo,
che, secondo l'orientamento dominante, non e' contemplato dalla norma
costituzionale,  autorizzando   quest'ultima   l'adozione   di   atti
sostitutivi  di  natura  esclusivamente  amministrativa:  il  Governo
infatti, cui l'art. 120, comma 2, attribuisce il potere di intervento
sostitutivo,  e'  ordinariamente  privo  della  competenza  normativa
primaria, potendo adottare atti sostanzialmente legislativi nei  soli
casi e nel rispetto dei presupposti previsti dall'art. 77  Cost  che,
comunque, non ne ammette la delega in favore  di  un  commissario  ad
Acta. 
    In ogni caso la possibilita'  di  un  intervento  sostitutivo  di
natura  legislativa   dovrebbe   risultare   in   termini   espressi,
trattandosi di deroga all'ordinario sistema di riparto della funzione
legislativa tra organi costituzionali: una tale deroga  espressa  non
e', tuttavia, menzionata nell'art. 120, comma  2,  Cost.  sicche'  il
potere sostitutivo ivi disciplinato deve ritenersi riferito allo sola
funzione amministrativa. 
    Per  fronteggiare  situazioni  in  cui  si  rende  necessaria  la
sostituzione di leggi regionali, come noto, e' stata  prospettata  la
tesi  secondo  cui  nell'esercizio  del  potere  sostitutivo  di  cui
all'art. 120, comma 2 Cost., non sarebbe  precluso  il  ricorso  allo
strumento del decreto legge, ai sensi dell'art.  77,  comma  2  Cost,
secondo quanto ritenuto  da  autorevole  dottrina  gia'  prima  della
modifica del Titolo V della Costituzione. 
    E' questa la tesi prospettata, seppur in un obiter dictum,  anche
dalla menzionata sentenza della Corte Costituzionale n. 361 del  2010
secondo' cui la previsione di cui all'art.  120,  comma  2  Cost.  si
presta ad essere interpretata «come tale da legittimare il potere del
Governo di adottare atti con forza di legge in sostituzione di  leggi
regionali...  eccezionalmente  derogando  al  riparto  costituzionale
delle competenze legislative fra Stato e Regioni, tramite l'esercizio
in via temporanea dei propri poteri di cui all'art. 77 Cost.». 
    Proprio il  principio  di  autonomia  statutaria,  legislativa  e
regolamentare, di cui agli artt. 5, 114, comma 2, 117, comma 3  e  6,
Cost. e la riserva in capo  al  Consiglio  regionale  della  funzione
legislativa nelle materie  di  competenza  concorrente  e  residuale,
prevista dall'art. 121, comma 2, della Costituzione, impongono che la
sostituzione di leggi regionali da parte dello Stato avvenga solo  in
forza degli straordinari poteri della decretazione  d'urgenza,  quale
norma  di  chiusura  del  sistema  idonea  a  derogare  a  tutte   le
disposizioni costituzionali sul riparto delle competenze tra Stato  e
Regioni, imputando direttamente ed esclusivamente al  Governo,  nella
sua collegialita', e quindi al massimo livello della  responsabilita'
di indirizzo politico ed amministrativo, il  concreto  esercizio  del
potere di intervento sostitutivo. 
    Del resto  che  il  potere  sostitutivo  normativo  debba  essere
esercitato dal Governo e' confermato dallo stesso  art.  8,  comma  1
della legge n. 3 del 2001. 
    Ne discende che l'art. 2, comma 83, della legge 23 dicembre 2009,
n. 191 si pone in contrasto anche con gli artt. 5, 114, comma 2, 117,
comma 3  e  6  e  121,  comma  2  Cost.  in  quanto,  attribuendo  al
commissario ad Acta un  potere  sostitutivo  di  tipo  legislativo  o
comunque in senso lato normativo,  viola,  al  contempo,  l'autonomia
statutaria della Regione Molise, ex art.  114,  comma  2,  Cost.  che
all'art. 6, comma 2, lett. b, attribuisce al Consiglio  Regionale  il
potere di approvare con legge il  piano  sanitario  regionale  (quale
atto organizzativo fondamentale «di un servizio pubblico di interesse
della  regione»);  viola  l'autonomia  legislativa  e   regolamentare
regionale  facoltizzando  il  commissario   ad   Acta   ad   adottare
disposizioni di dettaglio (quali sono quelle  derogatorie  del  piano
sanitario regionale), nella materia concorrente della  «tutela  della
salute», riservata, ex art. 117, comma 3 e 6 Cost.,  alla  disciplina
legislativa di dettaglio nonche' regolamentare della  Regione;  viola
l'art. 121,  comma  2,  Cost.  che  riserva  al  Consiglio  regionale
l'esercizio della potesta' legislativa  nelle  materie di  competenza
regionale concorrente e  residuale;  viola,  nel  suo  complesso,  il
principio autonomistico di cui all'art. 5  Cost.  attribuendo  ad  un
organo  amministrativo  monocratico  e  straordinario  il  potere  di
comprimere l'autonomia statutaria, legislativa,  regolamentare  della
Regione che, al contrario, potrebbe essere limitata solo  dal  potere
straordinario di decretazione d'urgenza del Governo. 
    Occorre  ancora  evidenziare  che  nella  specie  la  limitazione
dell'autonomia regionale, nei  vari  aspetti  evidenziati,  non  puo'
ritenersi consentita in conseguenza della sottoscrizione nel 2007, ai
sensi dell'art. 1,  comma  180,  della  legge  n.  311/2004,  di  uno
specifico accordo cui accede il piano di rientro, la cui  attuazione,
in presenza del perdurante inadempimento regionale, viene rimessa  al
commissario ad Acta. 
    Ci si riferisce all'art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27
dicembre 2006, n. 296 che dichiara tali  accordi  vincolanti  per  le
regioni precisando che  le  determinazioni  ivi  previste  comportano
effetti di variazione dei provvedimenti normativi  ed  amministrativi
gia' adottati dalla Regione in materia di  programmazione  sanitaria;
siffatto carattere vincolante e' ribadito anche  dall'art.  2,  comma
95, della legge n. 191/2009. 
    Nella specie, infatti, il piano di  rientro  sottoscritto  il  27
marzo 2007, successivamente recepito dal  piano  sanitario  regionale
approvato nel 2008, non prevedeva la chiusura di ospedali ma solo  la
razionalizzazione  della  rete  ospedaliera  (art.  1.3.b.iii):  tale
razionalizzazione doveva avvenire mediante tagli orizzontali e  cioe'
la riduzione dei posti  letto  da  distribuire  tra  i  vari  presidi
ospedalieri e non attraverso tagli verticali da operare  mediante  la
chiusura  di  ospedali,  secondo  la  nuova   impostazione   impressa
unilateralmente dal  commissario  ad  Acta,  a  partire  dal  proprio
decreto n. 17 del 10 maggio 2010 (dove si legge, a p. 15 dell'annesso
programma operativo,  che  «In  sintesi  la  rete  ospedaliera  sara'
organizzata su 1370 posti letto  rispetto  agli  attuali  1670  ed  i
presidi pubblici saranno ridotti da sei (6) a tre (3)»). 
    Ne discende che l'art. 2, comma 83 della legge 23 dicembre  2009,
n. 191, nella parte in cui prevede che «Il commissario  adotta  tutte
le  misure  indicate  nel  piano,  nonche'  gli  ulteriori   atti   e
provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi  e  gestionali
da esso implicati  in  quanto  presupposti  o  comunque  correlati  e
necessari alla completa attuazione del piano», si  pone  comunque  in
contrasto con i richiamati parametri costituzionali di riconoscimento
e  salvaguardia  della  autonomia  regionale,  nella  misura  in  cui
autorizza il commissario ad Acta alla  adozione  di  atti  normativi,
implicanti scelte organizzative non espressamente previste dal  piano
di rientro (riduzione del numero dei presidi ospedalieri),  anche  se
funzionali alla sua attuazione (riduzione del numero dei posti  letto
e contenimento dei costi), che modificano tuttavia in  modo  radicale
le scelte fondamentali compiute dal Consiglio regionale in materia di
organizzazione del servizio sanitario regionale nell'esercizio  della
potesta' legislativa. 
    La norma in questione si pone in contrasto anche  con  gli  artt.
70, comma 1, 77, commi 1 e 2, e 121, comma 2 Cost. che  riservano  la
funzione  legislativa  dello   Stato   alle   Camere,   consentendone
l'esercizio da  parte  del  Governo  solo  nelle  forme  del  decreto
legislativo e del decreto legge, e quella delle Regioni al  Consiglio
regionale. 
    Il sistema delle fonti primarie e', infatti, tipico e «chiuso» ed
e' legato in modo indissolubile al principio  rappresentativo:  nella
specie, attraverso il riconoscimento in capo al commissario  ad  Acta
di un potere normativo atipico, con forza  di  legge  e,  come  tale,
idoneo ad innovare la legislazione regionale,  l'art.  2,  comma  83,
della legge 23 dicembre 2009, n. 191 introduce una fonte primaria  di
produzione normativa la cui istituzione e'  tuttavia  riservata  alle
fonti costituzionali; nella specie nessuna fonte costituzionale,  ne'
l'art. 70, comma 1, ne' l'art. 77, commi 1 e 2, ne' l'art. 121, comma
2, e neppure, come si e' visto,  l'art.  120,  comma  2,  autorizzano
direttamente il commissario ad Acta all'adozione  di  atti  normativi
primari sicche' il fumus della prospettata violazione deve  ritenersi
sussistente anche in relazione a siffatti parametri costituzionali. 
    Poiche',  infine,  come  evidenziato,  il  sistema  delle   fonti
primarie e' strettamente collegato al principio di rappresentanza,  i
parametri costituzionali da ultimo richiamati devono essere letti  in
combinato disposto anche con l'art. 1, comma 2, Cost.  in  quanto  la
«forma» di  esercizio  del  potere  legislativo  e,  in  senso  lato,
normativo, prevista dalla norma oggetto  di  scrutinio,  non  essendo
ancorata ad alcuna  previsione  costituzionale,  non  puo'  ritenersi
espressione della sovranita' popolare cui  ogni  potere  deve  invece
essere necessariamente ricondotto: nella specie l'assetto della  rete
ospedaliera della Regione Molise, che  qualifica  l'effettivita'  del
diritto  fondamentale  alla  salute   ex   art.   32   Cost.,   viene
sostanzialmente  deciso  da  un  organo  amministrativo   monocratico
straordinario, nell'esercizio di un  potere  normativo  atipico,  non
previsto  in  Costituzione,  che  tuttavia   riveste   attitudine   a
modificare una legge regionale che e' invece espressione massima  del
principio della rappresentanza politica. 
    In via subordinata, e ferme le richiamate considerazioni in punto
di rilevanza della questione gia' esplicitate e qui richiamate  sulla
competenza e sul fondamento dei poteri commissariali,  per  l'ipotesi
in cui dovesse riconoscersi in capo al commissario ad Acta  anche  il
potere di adottare atti sostitutivi di natura legislativa, o comunque
normativa, finanche extra ordinem  e  con  attitudine  a  derogare  o
abrogare norme di legge  regionale,  come  accade  nella  fattispecie
all'attenzione  di  questo  Tribunale,  il  collegio   dubita   della
compatibilita' con l'art. 120, comma 2, Cost. - nella  parte  in  cui
individua nel «Governo» l'organo  incaricato  della  sostituzione  -,
dell'art. 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, dell'art. 1, comma
174, della legge n. 311 del 2004, dell'art. 4 del  decreto  legge  n.
159 del 2007 convertito dalla legge n. 222/2007 e dell'art. 2,  commi
79, 83 e 84 della legge n. 191 del 2009, tutti variamente  richiamati
nelle premesse giustificative dei  decreti  commissariali  impugnati,
nella parte in cui consentono di attribuire ad un commissario ad Acta
e  cioe'  ad  un  organo  amministrativo  monocratico  straordinario,
l'esercizio della funzione sostitutiva  in  parola,  con  particolare
riferimento all'ipotesi in cui, venendo in rilievo la  necessita'  di
abrogare, modificare, derogare o in altro modo  sostituire  norme  di
legge  regionali,  espressione  di   una   autonomia   costituzionale
rafforzata (rispetto agli enti locali), si rende  invece  necessario,
per rispettare  il  dettato  costituzionale  e  rendere  al  contempo
possibile un vulnus temporaneo all'autonomia regionale,  l'intervento
del Governo, nella sua collegialita', ai sensi dell'art. 92, comma 1,
Cost., in quanto organo costituzionale  responsabile,  al  piu'  alto
livello   istituzionale,   dell'indirizzo   politico   amministrativo
generale. 
    Ne discende,  conclusivamente,  che  deve  essere  sollevata,  in
quanto rilevante e non  manifestamente  infondata,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  83,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191 nella parte in cui, attribuendo al  commissario
ad Acta per l'attuazione del  piano  di  rientro  dai  disavanzi  del
settore sanitario, un potere di sostituzione di natura legislativa  o
comunque normativa, con forza di legge, in violazione  del  principio
di  tipicita'  delle  fonti   normative   primarie,   del   principio
rappresentativo,  del  principio  autonomistico  e  della  disciplina
costituzionale dell'intervento sostitutivo degli organi regionali, si
pone in contrasto con gli artt. 5, 114, comma 2, 117, commi  3  e  6,
121, comma 2, 120, comma 2, 70, comma 1 e 77, commi 1 e 2 e 1,  comma
2, della Costituzione. 
    In via  subordinata  dev'essere  altresi'  sollevata,  in  quanto
rilevante  e  non   manifestamente   infondata,   la   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt. 8, comma 1,  della  legge  n.
131 del 2003, dell'art. 1, comma 174, della legge n.  311  del  2004,
dell'art. 4 del decreto legge n. 159 del 2007 convertito dalla  legge
n. 222/2007 e dell'art. 2, commi 79, 83 e 84 della legge n.  191  del
2009, in quanto legittimanti l'adozione di atti sostitutivi normativi
da parte del commissario ad Acta, per contrasto con l'art. 120, comma
2, Cost, nella parte in  cui  attribuisce  il  potere  di  intervento
sostitutivo in capo al «Governo», nella sua collegialita',  ai  sensi
dell'art. 92, comma 1, Cost.